Il geometra e I vulnerabili. Sugli usi del concetto di vulnerabilità nelle scienze sociali

AutorEstelle Ferrarese
CargoProf. presso l'Université de Picardie Jules Verne
Páginas152-173
Periódico do Núcleo de Estudos e Pesquisas sobre Gênero e Direito
Centro de Ciências Jurídicas - Universidade Federal da Paraíba
V. 5 - Nº 03 - Ano 2016 International Journal
ISSN | 2179-7137 | http://periodicos.ufpb.br/ojs2/index.php/ged/index
152
DOI: 10.18351/2179-7137/ged.v5n3p152-173
IL GEOMETRA E I VULNERABILI: SUGLI USI DEL CONCETTO DI
VULNERABILITÀ NELLE SCIENZE SOCIALI1
Estelle Ferrarese2
Abstract: Nowadays the concept of
"vulnerability" covers a vertiginously
widening semantic field. The paper aims at
clarifying the meaning of the concept in
social sciences. In other words, it aims at
analysing the epistemological and political
effects of the polarisation between an idea
of vulnerability as synonymous with
differential distribution of risks and a
conception of vulnerability that refers to
the unidesirable effects of human
activities.
Keywords: vulnerability, risk, prevention,
dependence, social sciences
Introduzione
Il modo in cui le scienze sociali si
sono recentemente impadronite del
concetto di vulnerabilità è condizionato da
due tematiche: quella delle “popolazioni
1Tit. or. di Les vulnérables et le géomètre. Sur les usages du concept de vulnérabilité dans les sciences sociales,
Raison Pratique, 9 novembre 2013: http://www.raison -publique.fr/article655.html. Trad. it. di Orsetta Gio lo e
Lucia Re. Email: estelle.ferrarese@u-picardie.fr.
2 Prof. presso l’Université de Picardie Jules Verne.
vulnerabili”, da una parte, e quella della
esposizione delle società contemporanee
alle crisi ecologiche, dall’altra. Nel primo
caso, la nozione di vulnerabilità è
sinonimo di ripartizione diseguale del
rischio, nel secondo essa rinvia agli effetti
indesiderabili dell’attività umana. Queste
tematiche assegnano parallelamente quel
che concerne la fragilità delle strutture
organiche, la loro maturazione, ma
soprattutto la loro degenerazione, al
vocabolario della dipendenza, che rinvia
sempre di più esclusivamente alla grande
vecchiaia (Ennuyer, 2004), istituendo in
tal modo una divisione dei compiti e delle
rappresentazioni che è opportuno rilevare.
Tale divisione è una delle manifestazioni
di una più ampia tendenza a rimuovere
l’idea di una condizione condivisa,
costitutiva, di “vulnerabilità”, per
focalizzarsi su gruppi “vulnerabili”, ai
quali sono assegnate delle specificità, una
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Centro de Ciências Jurídicas - Universidade Federal da Paraíba
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DOI: 10.18351/2179-7137/ged.v5n3p152-173
storia, un ordine di suscettibilità. Ciò
dipende senza dubbio dalla logica propria
delle scienze sociali, legittimamente, tese
a identificare causalità e regolarità, una
logica che concorre a un rigoroso
confinamento della nozione di
vulnerabilità al campo del rischio. Non è
certamente questo l’unico fattore; occorre
per esempio considerare il fatto che le
scienze sociali, impegnate dopo la fine
della guerra in uno slancio antinaturalista,
che ha riguardato persino il corpo umano,
usano questa finzione per appropriarsi
dell’oggetto “natura”. Il costruttivismo
radicale è stato senza dubbio all’origine di
riformulazioni e proposte assolutamente
necessarie, in particolare nell’ambito dei
gender studies. Esso è comunque riuscito
oggi a rovesciare il significato
dell’innocenza e dell’indiscusso, a lungo
privilegio di ciò che veniva relegato
nell’ambito del naturale, e oggi passato
all’ambito del costruito.
Questo articolo tenta allora di
riflettere su ciò che si intende per
vulnerabilità nelle scienze sociali, in un
contesto di estensione vertiginosa del
campo semantico coperto da questa parola,
e mostra lo sforzo che le scienze sociali
compiono per mettere in ordine i suoi usi,
uno sforzo rinvenibile in ogni ricorso
minimamente ragionato a tale nozione. In
altri termini, questo articolo ha per oggetto
lo studio degli effetti epistemologici e
politici di questa polarizzazione teorica.
La tesi che difenderemo è che,
affinché il concetto di vulnerabilità diventi
epistemologicamente e politicamente
accettabile, invece di implicare una
rimessa in questione della figura del
soggetto-auto-generato e autosufficiente,
esso deve riaffermarla, e ciò in modo
paradossale. Ridefinendo la suscettibilità
alla quale è esposta un’entità debole come
una suscettibilità derivante da una logica
del rischio e dalla sua eventuale
distribuzione diseguale, la “vulnerabilità”
delle scienze sociali è strettamente inserita
nel vocabolario e nella prospettiva politica
della capacità di agire, della razionalità e
del dominio, individuale o collettivo.
Analizzeremo dunque gli effetti
dell’ascrizione di tale concetto alla
tematica del rischio, poi le implicazioni del
suo uso nell’analisi della povertà, per
tentare di tracciare le linee di una ricerca
sulla vulnerabilità socialmente prodotta,
liberata dall’imperativo della sua

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