Il rischio paese e la tutela della salute e della sicurezza del lavoratore

AutorAlberto Levi
Páginas21-24
IL RISCHIO PAESE E LA TUTELA DELLA SALUTE
E DELLA SICUREZZA DEL LAVORATORE
Alberto Levi
(1)
(1) Professore Associato di Diritto del lavoro. nell’Università di Modena e Reggio Emilia.
In un contesto produttivo globalizzato, è sempre più
frequente per le imprese di dimensioni medio-grandi l’esi-
genza di inviare all’estero propri dipendenti, per un certo
periodo di tempo più o meno significativo.
Dal punto di vista della sicurezza sul lavoro, viene così
ad emersione la necessità dell’imprenditore di prendere in
esame il cosiddetto “rischio paese”. E’ cioè necessario fare
un’attenta valutazione ricomprendente, tra l’altro, anche i
cosiddetti “rischi security”, locuzione con la quale si è so-
liti indicare i rischi derivanti dall’attività criminosa di terzi
(terrorismo internazionale, sequestri di persona e così via).
Su questo solco, già da tempo la normativa italiana
prevedeva che l’impiego all’estero di lavoratori italiani in
paesi non appartenenti all’Unione Europea comportasse
anche il coinvolgimento del Ministero degli Affari esteri,
oltre che quello del Ministero del lavoro.
In particolare, il Decreto Legge n. 317 del 1987, oggi
riformulato rispetto al suo testo originario, stabiliva che
l’impiego del lavoratore italiano in paesi extra-UE fosse
subordinato ad una preventiva autorizzazione rilasciata
da parte del Ministero del lavoro, su parere del Ministero
degli affari esteri. A questo riguardo, la legge distingue-
va due diverse fattispecie: la nuova assunzione (quindi,
con previsione fin dall’inizio dell’impiego all’estero) ed il
trasferimento (cioè con deliberazione in ordine all’invio
all’estero in un momento successivo all’assunzione). Due
ipotesi ben diverse dal punto di vista dogmatico. La prima
riconducibile alla categoria della transnazionalità origina-
ria; la seconda, invece, espressiva di una transnazionali-
tà acquisita a seguito di vicende sopravvenute, dalla cui
differenziazione, peraltro, in concreto, la legge non faceva
derivare alcuna conseguenza regolativa.
In entrambi i casi, prima di potere realizzare l’invio
all’estero, era necessario ottenere un’autorizzazione da
parte del Ministero del lavoro, comportante anche la veri-
fica, attraverso la rete diplomatico-consolare del Ministero
degli Affari esteri, che le condizioni generali dei paesi di
destinazione offrissero idonee garanzie per la salute e la
sicurezza del lavoratore subordinato.
Questo assetto regolativo originario, come si è antici-
pato, è stato modificato nel 2015 da parte del legislatore.
Quest’ultimo, al fine di semplificare e snellire le procedure
relative alla gestione del personale, ha ritenuto di riformu-
lare l’art. 2 del Decreto n. 317, con la conseguenza che oggi
il Ministero del lavoro ed il Ministero degli Affari esteri
non sono più tenuti a compiere la propria attività di pre-
ventiva analisi della specifica situazione.
Nonostante tale abrogazione, tuttavia, il nuovo art. 2
del Decreto n. 317 stabilisce comunque che il contratto di
lavoro dei lavoratori italiani da impiegare o da trasferire
all’estero debba avere un contenuto predeterminato dal-
la legge, ricomprendente, in buona sostanza, le medesime
garanzie della vecchia norma. In particolare, il contratto
comportante l’assunzione per l’estero od il patto di trasfe-
rimento devono prevedere “un trattamento economico e
normativo complessivamente non inferiore a quello pre-
visto dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati
dalle associazioni sindacali comparativamente più rappre-
sentative per la categoria di appartenenza del lavoratore,
e, distintamente, l’entità delle prestazioni in denaro o in
natura connesse con lo svolgimento all’estero del rapporto
di lavoro”. In secondo luogo, va riconosciuta la possibilità
per i lavoratori di ottenere il trasferimento in Italia della
quota di valuta trasferibile delle retribuzioni corrisposte
all’estero, fermo restando il rispetto delle norme valutarie
italiane e del Paese d’impiego. In terzo luogo, il datore de-
ve garantire al lavoratore un’assicurazione per ogni viaggio
di andata nel luogo di destinazione e di rientro dal luogo
stesso, per i casi di morte o di invalidità permanente. In-
fine, ed è questo il profilo che maggiormente interessa in
questa sede, è necessario indicare il tipo di sistemazione
logistica e definire idonee misure in materia di sicurezza,
al fine di salvaguardare la tutela della salute del lavoratore
inviato all’estero. Laddove, evidentemente, l’idoneità delle
misure di sicurezza deve essere l’esito di un’analisi speci-
fica della situazione concreta che il lavoratore troverà nel
paese di destinazione.
Come si è avuto modo di dire, l’art. 2 del Decreto n.
317 contempla le ipotesi dell’assunzione per l’estero e del
trasferimento all’estero, in un paese UE. Anche al di fuori
del campo di applicazione del decreto, peraltro, come ad
esempio nel caso di una mera trasferta temporanea in un

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