La nuova direttiva europea sull'acquisizione e salvaguardia dei diritti pensionistici complementari alla prova con il diritto nazionale italiano

AutorDi Michele Squeglia
Páginas169-191
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LA NUOVA DIRETTIVA EUROPEA SULL'ACQUISIZIONE E
SALVAGUARDIA DEI DIRITTI PENSIONISTICI COMPLEMENTARI
ALLA PROVA CON IL DIRITTO NAZIONALE ITALIANO
THE NEW EUROPEAN DIRECTIVE ON THE ACQUISITION AND
SAFEGUARDING OF COMPLEMENTARY PENSION RIGHTS TO THE
TEST WITH ITALIAN NATIONAL LAW
Di Michele Squeglia1
SOMMARIO: 1. Introduzione. 2. La sfera di applicazione della direttiva 2014/50/UE: il “collegamento” dei
regimi pensionistici complementari a un rapporto di lavoro. 3. I “requisiti minimi” di acquisizione dei diritti
pensionistici complementari. 4. La tutela dei “diritti giacenti” nell'ambito del regime nel quale sono acquisiti. –
5. Il diritto di informazione sulle conseguenze della cessazione del rapporto di lavoro.
SUMMARY: 1. Introduction. 2. The scope of Directive 2014/50 / EU: the "link" of supplementary pension
schemes to an employment relationship. 3. The "minimum require ments" for the acquisition of supplementary
pension rights. 4. Protection of "dormant rights" under the regime in which they are acquired. 5. The right to
information on the consequences of termination of employment.
1 INTRODUZIONE
Il prossimo recepimento della direttiva 2014/50/UE del 16 aprile 2014 previsto entro
il 21 maggio 2018 avente ad oggetto «i requisiti minimi per accrescere la mobilità dei
lavoratori tra Stati membri migliorando l'acquisizione e la salvaguardia dei diritti pensionistici
complementari» se porrà, da un lato, delicate e specifiche questioni di trasposizione,
attinenti al principio della “libera circolazione delle persone” e della “mobilità professionale”
con specifico riferimento ai sistemi pensionistici complementari dei diversi Stati membri,
dall'altro, avrà modo di convalidare l'archetipo dell'impianto regolatorio introdotto dal
legislatore italiano con il d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, e, più in generale, del sistema di
previdenza complementare.
La chiave di collegamento per comprendere la direttiva è offerta dal principio della
libertà di circolazione delle persone (ex art. 45 del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea) che, lungi dall'essere disperso nel momento in cui si tratta di ridurre gli «ostacoli alla
mobilità dei lavoratori creati da alcune regole concernenti i regimi pensionistici
Artigo recebido em 20/04/2018.
Artigo aprovado em __/__/__
1 Professore di Diritto del Lavoro nell’Università degli Studi di Milano; Dottore di Ricerca in Diritto del Lavoro
nell’Università degli Studi di Bergamo; Master in Assicurazioni, Assistenza e Previdenza nell’Università di
Castellanza; Specialista in Diritto del Lavoro nell’Università degli Studi di Napoli Federico II.
RDRST, Brasília, Volume IV, n. 03, 2018, p 169-191, Set-Dez/2018
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complementari», è recuperato e legislativamente modellato nei nuovi termini del dettato
comunitario allo scopo di «migliorare e salvaguardare i diritti pensionistici complementari
degli iscritti a tali regimi [...], riducendo gli ostacoli creati da alcune regole relative ai regimi
pensionistici complementari collegati a un rapporto di lavoro [...]». All'evidenza, la questione
si presenta affatto marginale per quegli Stati membri nei quali la previdenza complementare è
significativamente diffusa. Specie se quella libertà, che consente ai lavoratori di trasferirsi in
zone in cui vi è mancanza di manodopera o vi sono maggiori possibilità di occupazione,
superando le strozzature che operano sul mercato del lavoro, finisse per scontrarsi con
decisioni di natura previdenziale che farebbero desistere il lavoratore dal servirsene a causa
del più elevato livello di protezione promesso dal proprio Paese di origine. E ciò
differentemente dalla parallela libertà di prestazione di servizi (ex art. 56 del Trattato sul
funzionamento dell'Unione europea) che attiene segnatamente al diritto delle imprese di
prestare servizi in un altro Stato membro distaccando temporaneamente i dipendenti in tale
Stato alle stesse condizioni imposte da tale Stato ai propri cittadini. Prima di procedere
all'analisi di merito della direttiva, sia consentita qualche riflessione sul contesto generale nel
quale il legislatore comunitario si è mosso.
Dal fitto reticolato normativo si evince che solo in tempi relativamente recenti la
previdenza complementare ha assunto un ruolo rilevante nel quadro europeo della sicurezza
sociale. Del resto, se «la creazione di un grande mercato interno non deve essere finalizzata a
rafforzare solo il settore dell'economia, del commercio, dei servizi, ma anche a cercare basi
comuni per migliorare il benessere di tutti i cittadini, realizzare i diritti sociali fondamentali
degli stessi e creare uno spazio sociale europeo che garantisca un'integrazione non solo a
livello economico, ma anche sociale tra gli Stati membri» (R. PESSI, P. SANDULLI, Le
prospettive comunitarie in materia di previdenza integr ativa, in G. GEROLDI, T. TREU (a cura
di), Crisi e riforma dei sistemi pensionistici in Europa, Franco Angeli, 1993, 216), ciò non
significa che la protezione, per l'appunto, sociale dei lavoratori e, in particolare, il sistema
della previdenza complementare, siano stati assistiti fin dall'origine da una organica
regolazione, trattandosi per converso di materia eterogenea per normativa, fini e valutazione.
Solo quando è emerso il problema rappresentato dall'invecchiamento demografico,
dalla copertura di mezzi adeguati di vita all'atto del pensionamento e, più in generale, dalla
crisi del sistema previdenziale obbligatorio, si è manifestata la maggiore consapevolezza degli
Stati membri sul ruolo della previdenza di secondo livello come «strumento in grado di
svolgere almeno in parte i compiti specifici della previdenza pubblica» (cfr. P. LOI, Fonti e
disciplina della previdenza complementare nel diritto comunitario, in A. TURSI (a cura di), Le

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