Perché il dibattito animalista è così arretrato in Italia

AutorFrancesco Rubino
CargoPh.D presso l'Università 'Federico II' di Napoli, già docente presso l'Università 'Federico II' ? SSPF di Napoli, l'università di Paris Est ? Créteil e di Paris Ouest ? Nanterre, e presso l'Università Federale ? UFRGS di Porto Alegre, dirige attualmente il Centro Ricerca e Documentazione della FR International ? Napoli.
Páginas17-35
17 | Revista Brasileira de Direito Animal, e -issn: 2317-4552,
Salvador, volume 1 6 , n. 0 1 , p . 17-35, JAN ABR 2021
PERCHÉ IL DIBATTITO ANIMALISTA È COSÌ ARRETRATO
IN ITALIA
Francesco Rubino
Ph.D presso l’Università “Federico II” di Napoli, già
docente presso l’Università “Federico II” SSPF di
Napoli, l’università di Paris Est Créteil e di Paris
Ouest Nanterre, e presso l’Università Federale
UFRGS di Porto Alegre, dirige attualmente il Centro
Ricerca e Documentazione della FR International
Napoli.
ABSTRACT: In the brief notes that follow, we offer five reasons to explain the phenomenon, as
widely evident as objectively odd, of the late coming of an animalist law culture in Italy,
meaning: in the country where contemporary law and all Western systems of rights arose and
spread all over in the “new world”. We will lead the reader into the ancient Roman law, from
Imperial codes to later doctrina about due process and the rule of law. We will also lead up to
the constitutions and codes of European Risorgimento. More, we will go on up to reach the
Republican Constitution of 1948, focusing how that is an implicate model of integration among
both human and fundamental rights, democracy and justice, basic ethical p rinciples and
collective goals, as well as of both egalitarianism and personalism. In this surve y into Italian
constitutional history and legal philosophy, we will try to let the reader dialogue with classical
authors. Among others: Bobbio and the social personalism, Agamben and animal personalism,
Martha C. Nussbaum and the frontiers of justice for animals, on the one side. On the other,
author expecting a radical rediscovery. Among others: Aldo Moro and philosophers of law
Pietro Martinetti and Cesare Goretti who anticipate-inspire Rawls, Habermas and Peter Singer.
KEYWORDS: Animalism, Philosophy of Law, Personalism, Constituti onalism, Animal Law
1 Introduzione
In queste brevi osservazioni offriremo al lettore alcune riflessioni che a nostro avviso
possono spiegare (e assolutamente non giustificare in alcun modo, sia chiaro) le ragioni del
gravissimo ritardo italiano nel dibattito animalista. Non toccheremo neanche temi di fondo o
collaterali, come ad esempio la definizione di animalismo, di diritto degli animali e diritti degli
animali, di personalità giuridica (e animale), se non per quanto possa servire alla finalità di
delineare il contesto o introdurre alcuni riferimenti che agevolino la lettura e la comprensione
delle ragioni del ritardo culturale e politico di cui ci occupiamo, che ha condannato le specie
animali al ruolo di semplici destinatari di obbligazioni morali di compassione o di una generica
obbligazione giuridica di non violenza (meglio: di non maltrattamento e di non uccisione), e non
ha compiuto passi verso un riconoscimento da parte della nostra specie animale nei confronti di
altre specie che condividono con la nostra la complessità degli ecosistemi e della biosfera. Non si
tratta da parte nostra di una rivisitazione dell’antispecismo o di una posizione di principio
animalista in maniera generale, ma di una prima ricostruzione critica delle tante insufficienze che
i diritti degli animali e il diritto animale soffrono in Italia, indicando quali di queste insufficienze
derivano dalla storia di formazione del diritto e dei diritti in Europa e nella Penisola che, da Roma
Francesco Rubino
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in poi, ha dato impulso alla sistemazione e alla diffusione del diritto in Occidente, finendo per
gravare tanto sul liberalismo politico quanto sulla dottrina dei diritti fondamentali. Evidenzieremo
cinque linee di inchiesta per spiegare queste insufficienze, a cominciare proprio dall’eredità
complessa e resistente del diritto romano nelle sue varie fasi, incluse le Istituzioni e i codici (par.
1 e 1bis), per toccare poi il diritto costituzionale e il costituzionalismo, soprattutto nella visione
originale del “personalismo” in Italia (par. 2), e la visione della scienza e della tecnologia che la
Costituzione stessa propone in dialettica tanto con i presupposti della crescita economica (par. 3),
quanto con quelli filosofici ed ermeneutico-linguistici dei diritti degli animali e della “pura vita”
(par. 4), quanto infine con quelli etologici e della sociologia animale (par. 5). Contiamo sul fatto
che, qualunque sia la sua posizione di principio, il lettore voglia essere tollerante nei confronti
della brevità e della stringatezza della ricostruzione che offriamo, che si propone di essere un
primo passo verso un dibattito più ampio e partecipato per la crescita e il rilancio di una cultura
animalista sempre più ricca, efficace e libertaria.
2 La cultura romanist(ic)a
Va da che i limiti e le prospettive della cultura giuridica italiana, e forse del diritto tout-
court, devono quasi interamente essere ricondotti al diritto romano, e in particolare (a differenza
di quanto si possa spesso superficialmente ritenere) alla natura “internazionale” del diritto
romano, dunque a una cultura dei diritti più che non del diritto o di diritto.
Come è noto anche se, ad esempio, proprio Norberto Bobbio, cioè il più rilevante filosofo
del diritto e della politica del Paese fino a tutti gli anni ’90 inclusi, evita di farvi espresso
riferimento, e questa ‘omissione’ si rivelerà davvero ‘costitutiva’ anche del nostro diritto
contemporaneo
1
la cultura dei diritti si concentra su categorie o gruppi, minoranze o nazioni,
individui e vittime, e non invece direttamente sulla “comunità umana” come soggetto planetario
in , o sulla classe sociale come polo dialettico della storia, naturalmente sulla norma giuridica
come se fosse essa stessa un soggetto di diritto o essa stessa istituisse tanto il diritto quanto i
diritti (nonostante, e quasi per paradosso, sia proprio il normativismo ad avere consentito lo
sviluppo e il netto consolidamento della cultura dei diritti umani contro la cultura del diritto).
A nostro parere, dunque, gli animali e, seppure con maggiori sfumature, l’ambiente, nelle
sue tante caratterizzazioni storiche, non hanno mai costituito nel tempo un soggetto di diritto
meritevole della tutela da parte del sistema dei diritti, benché animali e ambiente rientrino a pieno
titolo (ed è finanche ovvio che sia così) nell’ordinamento giuridico di tutte le civiltà pre-romane,
della Repubblica, dell’Impero, e delle tante turbolente fasi successive della storia di Roma e del
Mediterraneo.
2
E intendiamo dire proprio che a causa della nuova e recente cultura dei diritti, affermatasi
nella seconda parte del Novecento, non riusciamo a comprendere quale fosse la cultura del diritto
(e non dei diritti, ché non esisteva) degli animali nelle epoche e nei contesti precedenti al nostro.
3
Il che, a ben vedere, è davvero paradossale se solo si pensa alle numerose e ricorrenti
implicazioni religiose e metafisiche, e dunque politiche, dell’immagine dell’animale nelle culture
e nelle politiche sociali, a qualsiasi livello.
Ma anche se si volessero considerare gli animali come cose o come oggetti, e dunque se si
volesse arbitrariamente mettere da parte la loro enorme importanza religiosa e filosofica in tutte
le epoche e in tutte le culture antiche, i problemi non diminuiscono affatto. Ad esempio, a Roma
gli animali vengono studiati dal punto di vista della proprietà nel diritto romano
4
o dal punto di
vista della comprensione dello statuto della loro soggettività giuridica
5
, e magari anche analizzati
nella loro dialettica di schiavitù assieme agli altri diritti dei “servi” nei vari ordinamenti romani
6
,
ma non vengono compresi in una visione sistemica, sistematica, del diritto romano in (certo,
nelle varie epoche e con le tante faglie e trasformazioni adattative che ne hanno fatto un

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